Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

venerdì 25 ottobre 2013

Yellow birds

È il primo libro sulla guerra che leggo. Avevo trovato una recensione in rete accompagnata dall’elenco dei premi che ha già ricevuto: questo è stato sufficiente per comprarlo; poi l’incipit, quelle quindici righe fondamentali che caratterizzano l’opera, lo stile, l’anima stessa dello scrittore. È perciò stato amore viscerale.
La storia è di quelle che non lasciano indifferenti il lettore, certo immaginiamo quanto possa essere disumana, atroce, orribile la guerra ma sono solo pensieri sparsi, frutto di reportage giornalistici o di film che hanno fatto la storia del cinema.
Ricordo che dopo aver visto Platoon avevo pensato che, per esigenze di spettacolarizzazione, il regista avesse calcato la mano. Questo librò dà un’ulteriore testimonianza, come un coltello che affonda nella carne piagata.
I ragazzi affetti da disturbo post-traumatico da stress sono tanti e non c’è bisogno di andare a cercare tanto lontano. Quello che succede una volta ritornati a casa non è mai argomento di inchieste ed approfondimenti a mano che non succeda qualcosa di eclatante. A quel punto si accendono i riflettori e parte il grande circo mediatico che macina tutto, lasciando pochi scarti.
Yellow birds è un libro sulla pace perché la vittoria conquistata avviene sempre al prezzo di barbarie inimmaginabili, atti che nessun essere umano pensa di essere in grado di fare e che lasciano un segno indelebile, il tarlo che rode il cervello.
Quelli che tornano sono spesso morti, anche se ancora camminano