È difficile fare la recensione al libro di un amico, si
corre sempre il rischio di appesantire ogni parola con litri di melassa.
Ne ho aspettato l’uscita memore del successo della sua
opera prima che l’aveva catapultato da una piccola casa editrice nel mondo
delle grandi major editoriali.
“Il valzer di un giorno” è un romanzo corale, storico,
sociale, familiare caratterizzato da diversi piani narrativi che danno
movimento alla trama e che predispongono ad un eventuale sviluppo
cinematografico.
Il gusto per il colpo di scena è presente anche in questa
opera caratterizzandone, a questo punto, lo stile che si colora di tutte le sfumature
della terra dove si svolge la storia: le bellissime Langhe che vediamo avvolte
da una nebbia lattiginosa o martellate da pioggia battente. Vedere è la parola
giusta perché la storia sembra dispiegarsi davanti al lettore, proiettata sui
muri della propria camera.
Si parla di lotta partigiana, di uomini semplici,
determinati che hanno avuto un ruolo importante nella costruzione della odierna
democrazia, al pari di nomi a noi più familiari perché presenti da anni nei
libri di storia.
Restituire dignità a chi ha offerto la propria giovinezza
per ideali che sembrano démodé, dare lustro a coloro che hanno rischiato la
propria vita per proteggere chi era destinato – per nascita e stirpe – ai campi
di concentramento, sono gli obiettivi principali della storia narrata.
Delicato, amorevole il racconto del medico e della sua
giovane moglie, giusto tributo alla vita di coppia dei genitori dell’autore che
passarono parte della loro esistenza in terre di missione.
“Il valzer di un giorno” è un romanzo che ci riporta alle
atmosfere di Pavese e Fenoglio dimostrando quanto profondamente l’humus
naturale incida sullo stile di uno scrittore.
Un ultimo pensiero all’amico Alberto, al suo coraggio,
alla determinazione, alla passione per lo scrivere, doti che mi sento di
condividere e che alimento avendolo come esempio.