Leggere, ma anche rileggere, i libri della Madre Anna Maria Cànopi, monaca benedettina dell'Abbazia Mater Ecclesiae dell'Isola di S. Giulio, scomparsa nel 2019 nel giorno di San Benedetto, rappresenta un balsamo per l'anima, quella carezza di cui spesso ne sentiamo la necessità.
“Lettera a Edith Stein” è un piccolo libro di appena 61 pagine, assolutamente dense di emozioni, immagini, sensazioni palpabili come le descrizioni delle notti e delle albe che la Madre Abbadessa ha visto dalla finestra della sua cella, mentre scriveva questo piccolo gioiello di intimità e spiritualità.
La lettera si svolge in tre notti: quella del 9 agosto, data della morte di Edith Stein nel forno crematorio di Birkenau; quella del 10 agosto, notte di S. Lorenzo, quando di lei non rimase che un pugno di cenere; e la vigilia del 15 agosto, festa dell’Assunta, in modo che al mistero di Cristo si unisse quello di Maria, sua madre.
Il libro cerca di capire il significato della sofferenza umana e principalmente quella del popolo ebraico che, sebbene sia quello Eletto, fu sottoposto (e lo è tuttora) alle più assurde atrocità. E in questa notte della Stori, raccontata nelle tre veglie della Madre Abbadessa, c’è comunque il chiarore di una fratellanza tra popoli con diverso credo. Rimane sempre inspiegabile come l’Umanità debba trovare nella diversità, religiosa e ideologica, motivo di discordia più che di arricchimento, debba avere la necessità di primeggiare a scapito degli altri.
Non è difficile immaginarsi Madre Cànopi intenta ad una veglia così feconda di pensieri condivisi. Per chi ha avuto modo di incontrarla, l’esperienza del suo sguardo potente che illuminava la stanza e delle sue parole, semplici ed intense, che realmente aprivano un varco nella mente e nel cuore, sono stati momenti indimenticabili, dei quali ringraziare Dio e la Vita.