Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

sabato 8 agosto 2020

Nemesi

Scritto dieci anni fa, Nemesi di Philip Roth ci fa rivivere le emozioni della prima ondata di infezioni da Covid-19. È l’estate del 1944 e una terribile epidemia di poliomielite fa numerose vittime tra i giovanissimi della città di Newark. Arnold Mesnikoff è tra i ragazzi che seguono con ammirazione Bucky Cantor, giovane allenatore di softball, fortemente motivato a rendersi utile per coloro che non possono andare in vacanza fuori città. È solo alla fine del romanzo che si comprende che la voce narrante è proprio quella di Arnold, ormai grande che, come il coach Bucky, è stato gravemente colpito dalla polio durante quella maledetta estate.

La poliomielite è una malattia da enterovirus il cui principale serbatoio di infezione si trova nel tratto gastrointestinale umano. Esistono tre sottotipi e, prima della vaccinazione, il tipo 1 era responsabile dell’85% dei casi di malattie paralitiche. La via di trasmissione è orale e oro-fecale. I virus si moltiplicano nella faringe e nell’intestino durante il periodo di incubazione, per poi passare nel sangue e diffondere in tutto l’organismo. Il virus continua ad essere escreto nella saliva per due o tre giorni e nelle feci per altre due o tre settimane. Prima della vaccinazione, la malattia aveva una distribuzione mondiale. Le epidemie comparivano durante l’estate ed erano più frequenti nei climi temperati dell’emisfero settentrionale, con una maggiore incidenza nelle aree con scarsa igiene. La fase iniziale poteva essere scambiata per una banale influenza con febbre, faringite, mialgie, nausea, vomito; dopo si sviluppava la paralisi muscolare che, nei casi più gravi, era totale. L’infezione colpiva soprattutto i bambini sotto i cinque anni di età. Solo l’1% dei malati di polio sviluppava la forma più grave; tra gli elementi favorenti: l’esercizio fisico vigoroso ed esagerato, la presenza di ferite o lesioni, le iniezioni intramuscolari. E questi tre fattori si ritrovano nella narrazione di Roth.

Se non avessimo sperimentato la paura e la preoccupazione costante dei due mesi di lockdown, la lettura di Nemesi ci avrebbe affascinato, ma niente di più. Invece, ogni emozione viene assorbita con intensità e ci si accorge che, qualunque sia la causa dell’infezione, le reazioni sono le stesse in qualsiasi epoca storica. La nonna stava raccontando di quando le vittime della pertosse dovevano portare dei bracciali, e di come, prima che si trovasse un vaccino, la malattia più temuta in città fosse la difterite. Nei giorni in cui la televisione ha riportato il bollettino dei contagiati e dei decessi, i più anziani hanno ricordato l’infezione asiatica che nel 1968 mise a letto milioni di italiani e causò la morte di circa 20.000 persone. Per la pandemia spagnola sono stati rispolverati articoli di giornali, foto d’epoca, diari di famiglia, racconti passati di bocca in bocca e perciò arricchiti di particolari da renderli epici.

È strano come nel romanzo il focolaio dell’infezione colpisca dapprima la comunità italiana di Newark. Il ruolo di untori ci appartiene dalla prima ondata di peste nera che si scatenò in Europa tra il 1347 e il 1348 causando circa 30 milioni di morti. L’infezione, partita dalla Mongolia, arrivò a Caffa in Crimea, colonia della Repubblica di Genova e da qui, per mezzo delle navi, a tutta l’Europa. In Nemesi, due auto piene di ragazzi dai quindici ai diciotto anni si fermano al campo giochi del quartiere ebraico. Quello che ha tutta l’aria di esserne il capobanda si avvicina tronfio al gruppo di giovani fermi accanto a Bucky. – Che volete? – disse Mr. Cantor. Veniamo ad attaccare la polio – rispose uno degli italiani. E come sfida sputa sul marciapiede, a pochi centimetri dalla punta delle scarpe da ginnastica di Mr. Cantor. Dopo qualche giorno due fra i ragazzi presenti non si presentano al campo per giocare: hanno la febbre e il torcicollo. Sono i primi contagiati del gruppo. Parte la caccia agli infetti che si trasforma in isteria collettiva. Cartelli con scritto “quarantena” vengono messi davanti alle case dei malati e questo scatena le peggiori azioni dei vicini per la paura di morire, a sua volta causata da tanta disinformazione. Dovrebbero controllare il latte che bevono quei ragazzini…la polio viene dalle vacche sporche e dal loro latte infetto. No – disse qualcun altro – non sono le vacche…sono le bottiglie. […] Perché non fanno come quando ero piccolo io? Ci legavano al collo delle palline di canfora. C’era una roba che puzzava, la chiamano assafetida…magari funzionerebbe. Basta tornare indietro con la mente di pochi mesi per ritrovare frasi simili e consigli assolutamente pericolosi tipo fare gargarismi con acqua e candeggina che ha causato centinaia di accessi al pronto soccorso per intossicazione acuta. Per non parlare dei rimedi miracolosi, l’ultimo dei quali usato dall’arcivescovo di Douala, in Camerun, con il quale sembra abbia salvato oltre 6000 malati.

In Nemesi si hanno poche informazioni sulla poliomielite ed i medici cercano di agire sulla base delle poche informazioni presenti. La polio viene da un virus. Forse della polio non sappiamo molto, però questo lo sappiamo. Ovunque i ragazzini d’estate fanno giochi agitati all’aperto e, anche nel corso di un’epidemia, solo una percentuale molto piccola muore…la morte deriva dalla paralisi respiratoria, che è relativamente rara. Mica tutti i bambini a cui viene mal di testa si prendono una polio paralizzante. Per questo è importante non esagerare il pericolo e comportarsi normalmente […] Non sappiamo cosa uccide i germi della polio, - disse il dottor Steinberg. Non sappiamo chi o cosa porti la polio, e si discute ancora di come faccia a entrare nel corpo.

Il passare dei giorni porta ad un vero bollettino di guerra con tutte le conseguenze ad essa legate: l’annientamento, la distruzione, il massacro, la dannazione. È una terribile guerra contro i bambini. Alle indicazioni sanitarie da seguire per contenere la diffusione dell’infezione, si accende il dibattito generale. Il sindaco di Newark chiede la quarantena di tutta la zona di Weequahic. Non possono mica chiudere la gente in gabbia in questo modo, dice la nonna di Bucky.  Spinto dalle insistenze della sua fidanzata, che lavora come educatrice in un campo estivo, ben lontano dal focolaio, per ragazzi di famiglie abbiente, Bucky lascia il suo incarico per raggiungerla. Ma il senso di colpa comincia a tormentarlo, si sente un traditore per aver abbandonato i suoi allievi nel momento del bisogno. È solo verso la fine della storia che la parola nemesi acquista il più atroce significato cambiando per sempre la sua vita. Ci si può sentire vittima e carnefice, un personaggio carico di tutti i mali, in un’altalena di disperazione e vergogna. 

 

 

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