Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

martedì 17 novembre 2020

L'avventura di un povero cristiano

 La Maiella è il Libano di noi abruzzesi. I suoi contrafforti sono le sue grotte i suoi valichi sono carichi di memorie. Negli stessi luoghi dove un tempo, come in una Tebaide, vissero innumerevoli eremiti, in epoca più recente sono stati nascosti centinaia e centinaia di fuorilegge, di prigionieri di guerra evasi, di partigiani, assistiti da gran parte della popolazione.

Sono illuminanti le prime pagine del libro di Ignazio Silone “L’avventura di un povero cristiano”, pubblicato nel marzo del 1968, e adattato per il teatro pochi mesi dopo, vincitore del Premio Campiello.

Questa regione che, per l’asprezza dei suoi valichi di accesso e il carattere chiuso degli abitanti, è sempre stata di difficile penetrazione a nuove credenze, fu invece tra le prime ad aprirsi al Cristianesimo, dando vita a gruppi cenobitici e figure di grande rilievo spirituale quale fra Pietro Angelerio, futuro Celestino V.

Il libro ripercorre tutta la vicenda che ha per protagonista fra Pietro, eremita del Morrone, un cristiano al di sopra delle beghe dei vari Orsini e Colonna che hanno avuto tanto potere per gli uomini indirizzati alla vita consacrata. Alla morte di Niccolò IV, il conclave durò ventisette mesi, sia per i contrasti in seno alla Chiesa, che per un’epidemia di peste che ne causò lo scioglimento. La disputa tra gli Orsini e i Colonna sembrava non avere fine, e così, su consiglio di Carlo II d’Angiò, si decise di scegliere un uomo super partes eleggendo all’unanimità fra Pietro, primo nella storia non porporato.

Egli è un cristiano che ha avuto la grazia di due vocazioni, e tutte e due di una forza eccezionale, direi quasi irresistibile: quella dell’eremita e quella del pastore. È indubbio che su queste basi il suo pontificato non potesse essere semplice, sollecitato da un lato dal re e dall’altro dalla Chiesa che mostra il suo lato più terreno e corrotto nella figura del cardinale Caetani, che poi diventerà il suo successore, Bonifacio VIII.

L’intera esistenza di un cristiano ha appunto questo scopo: diventare semplice […] Il Cristianesimo, infatti, non è un modo di dire, ma un modo di vivere. Il pio, semplice eremita, che conosce del latino solo ciò che è limitato alla Messa e alle Sacre Scritture, diventa una spina nel fianco dei porporati; non appone alcuna firma se prima non ha letto e compreso quanto è scritto, se non ha avuto un colloquio diretto con le parti in causa, perché ogni buon pastore conosce le sue pecorelle, se tutto ciò che gli viene presentato non è aderente ai principi che ispirarono San Francesco. E come il poverello di Assisi, il “matto” che aveva rinunciato ad ogni bene materiale e che parlava con gli animali, anche Celestino viene sottoposto a pressioni psicologiche tali da indurlo ad abdicare per rimanere fedele al Cristianesimo di Gesù.

Fu l’inizio della fine. Il nuovo Papa diede ordine di controllarlo per evitare che venisse rapito dagli uomini del re. Venuto a conoscenza di questa decisione, fra Pietro tentò di scappare in Grecia ma venne catturato e rinchiuso nella torre di Fumone.

“Le celle dei prigionieri hanno appena la grandezza di una tomba, vi si entra carponi e non hanno finestre”

“Dimmi, che ne faranno? Cosa pensi?”

“È probabile che torneranno di nuovo a offrirgli un compromesso. Non c’è dubbio che lui lo rifiuterà. E allora temo che l’uccideranno…E poi, e poi lo faranno santo. Non cerchiamo di capire. Il destino di certi santi, da vivi, è tra i misteri più oscuri della Chiesa”

E a questo punto, non può che chiudersi il sipario.


 

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