Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

lunedì 12 novembre 2012

Quando impari a allacciarti le scarpe

Il cromosoma 2 è, per convenzione, il più grande cromosoma umano. Uno studio di qualche anno fa aveva rivelato la presenza di enormi deserti genetici, cioè di parti del genoma prive delle sequenze che codificano per le proteine, e di resti derivanti dalla fusione di due cromosomi delle scimmie.
La microdelezione del cromosoma 2 rappresenta una rarissima malattia genetica. In tutto il mondo sono stati diagnosticati due soli casi: una ragazza americana e Marco, di 13 anni.
La sua storia e quella della sua famiglia, in un percorso di dolore, accettazione, comprensione e speranza, sono magistralmente raccontati nel libro “Quando impari ad allacciarti le scarpe” di Michela Capone.
Il prologo della nuova vita è una bella favola: lei magistrato, lui medico, due splendide bambine. Una vita serena, senza grossi problemi. A distanza di tempo arriva Marco: parto prematuro e tutta la routine correlata alla permanenza in neonatologia. Niente di nuovo o di diverso da altre storie ma, chissà perché, il cuore di Michela sa che qualcosa non quadra. È il famoso e, purtroppo, infallibile sesto senso di ogni madre, che troppo spesso viene sottovalutato e catalogato come semplice apprensione.
La diagnosi definitiva arriva solo due anni fa grazie ai progressi della diagnostica genetica.
Marco è un ragazzo fortunato non solo perché circondato dall’amore della sua famiglia, ma perché ha accanto genitori i quali, ognuno nel proprio ambito, si impegnano a combattere per lui la battaglia dell’integrazione sociale.
Nel libro Michela racconta di quella volta che, tra le numerose cause da discutere, c’era la richiesta di interdizione di un minore disabile. Anche lui di nome Marco. La storia si colora di tenerezza, di compassione e di solidarietà perché è dal confronto con la sofferenza di altri che si trae maggiore forza per andare avanti.
I problemi con la scuola sono sempre gli stessi, nonostante l’Italia possa vantare una legislazione veramente all’avanguardia per quanto riguarda l’integrazione. Ma alle parole non corrispondono i fatti e spesso i dirigenti scolastici alzano le braccia in segno di resa per la mancanza di fondi e risorse per accontentare tutti.
Michela inizia così una battaglia per il riconoscimento di quelli che sono i diritti di Marco ed allo stesso tempo si rende conto come gli insegnanti siano poco preparati a ricevere in classe un alunno con disabilità.
Ci vorrebbe una preparazione universitaria per chi si occupa di soggetti disabili. Non possono più essere insegnanti di risulta – è il pensiero di Michela
L’integrazione scolastica è molto lontana anche nelle cose più ovvie ed elementari quali gli ausili per letto scrittura, banchi adatti agli alunni in carrozzella, computer, stampanti.
Nella nostra società manca ancora l’educazione all’accoglienza e all’ascolto.
Il libro si chiude con alcune importanti considerazioni. L’amore è accettazione. Non si può normalizzare il proprio figlio, aggiustare un giocattolo rotto, ma bisogna godere del suo essere e gioire di ogni piccolo successo. Come dice Michela, “Marco, quando impari ad allacciarti le scarpe, morirò di gioia!”