Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

giovedì 21 agosto 2014

Non sono più uscita dalla mia notte

Andare per rigattieri talvolta ha le sue sorprese, come questo libro scovato tra migliaia di altri e di cui avevo letto una recensione un po’ di tempo fa.
L’autrice non è così conosciuta in Italia; di tutta la sua produzione letteraria sono stati tradotti pochi libri, spesso introvabili, come “Gli armadi vuoti” con la traduzione di Romana Petri.
“Non sono più uscita dalla mia notte” è un memoir che racconta l’Alzheimer di cui era affetta la madre e il titolo del romanzo è la frase che l’anziana donna ripeteva nei rari momenti di lucidità.
L’Alzheimer è un’altra di quelle malattie che sconvolgono l’esistenza di una famiglia e che viene vissuta tanto più dolorosamente quanto più si fa fatica ad accettare l’assurdità di certi comportamenti e il degrado, fisico e mentale, nel quale si cade progressivamente
Tutto è capovolto, ora è lei la mia bambina. Ma io non posso essere sua madre
Una frase che è già sufficiente per capire la decisione di mettere la donna in un istituto, insieme ad altre come lei
Qui tutto quello che si perde non si ritrova mai. Indifferenza, tanto stanno tutte per morire
Il libro è infarcito di pensieri, e riflessioni forti in un continuo rimpallo tra il cristiano impulso all’assistenza e l’istinto animale di sopravvivenza che induce ad isolare l’elemento malato, lasciandolo morire.
Parte della decisione sofferta di internarla è frutto di un insoluto tra le due donne
Io sono nata perché mia sorella è morta, l’ho sostituita. Non ho dunque un mio io. Questo argomento sarà presente in un libro successivo: “L’autre fille” del 2011.
L’Alzheimer, come qualsiasi altra forma di disabilità, non riesce a distruggere tutto. Alcuni ricordi rimangono congelati in quegli oggetti che ci hanno reso felici durante l’infanzia o che sono associati a bei ricordi
La scatola degli aghi, dei bottoni, il ditale sono le sole cose che conserverò in ricordo di lei
E subito la mia mente è riandata alla camera dei miei genitori e all’armadio dove, dentro uno dei cassetti erano conservati centinaia di bottoni di tutte le forme, colori, dimensioni con i quali giocavo per ore quando ero ammalata.
Assolutamente struggente l’ultima immagine della madre, ormai in uno stato avanzato della malattia
Quando mi chino per controllare la leva d’arresto della sedia, lei si china a sua volta e mi da un bacio sui capelli.
Un gesto materno che sopravvive nonostante la devastazione mentale e che lascia il dubbio se non ci siano comunque spiragli di coscienza che renderebbero tragico questo cammino lento verso la morte.


domenica 3 agosto 2014

Sirena

Bisogna fare tanto di cappello al libro "Sirena" di Barbara Garlaschelli per almeno tre motivi.
Il primo è che è scritto veramente bene, la maniera che è più vicina al mio gusto letterario. Quell'essenzialità che viene scambiata per facilità e invece non lo è per niente. Sembra un gioco da ragazzi costruire una frase...e che ci vuole? Non sempre però gli scrittori riescono a trasmettere le loro emozioni con quel particolare aggettivo, e non un altro, oppure con l'uso ragionato della punteggiatura.
La scrittrice ha invece vissuto sulla propria pelle ciò che ha raccontato e, prima di metterlo su carta, ha avuto - ahimè - tutto il tempo per analizzare, odiare, amare e poi nutrire il dolore, la rabbia, lo smarrimento e infine la speranza. Questo dà veridicità, forza, potenza al suo stile.
Il secondo motivo che me lo fa amare è la determinazione con la quale la scrittrice ha fatto di tutto perché il libro non finisse al macero. Non c'è niente di peggio dell'essere dimenticati, del finire i nostri giorni nell'oblio generale. Ed è giusto a quel punto chiedersi il senso della nostra esistenza.
Una storia come quella di Barbara non deve essere accantonata, messa tra i tanti memoirs che l'editoria sforna a ondate seguendo la moda del momento. E' ammirevole la forza con la quale ha superato una delle più grandi tragedie che possano capitare ad una persona, figurarsi ad un'adolescente. Per questo Sirena non può essere dimenticata e fra mille anni quando esseri con 3 occhi, 4 orecchie, mani e piedi palmati e un hard disk al posto del cervello lo leggeranno, dopo aver guardato stupiti la copertina perché particolare, incisiva e delicata allo stesso tempo, troveranno spunti di riflessione, affinità emotive. Ne sono assolutamente certa.
Il terzo motivo riguarda i suoi genitori. Quando si legge un'autobiografia spesso la descrizione di chi ci è accanto viene inconsciamente dipinta di rosa, per una forma strana di pudore che ci frena da mettere in piazza le tristi magagne familiari, a meno che non si tratti di una bieca operazione commerciale d'accordo con l'editore.
La vita e le persone care di Barbara sono così come le ha descritte. Questi dettagli possono essere captati, navigando sulla sua pagina facebook, in quei piccoli quadri che giornalmente inserisce in rete. La chiarezza della sua scrittura è parimente presente nella vita e negli affetti.
Non so perché non avessi letto prima Sirena. E dire che di libri ne leggo tanti!
L'ho fatto adesso e mi piace