Realizzare questo ultimo punto mi toglierebbe la paura al
sol pensiero di sapere mia figlia in un istituto a passare un giorno dopo l’altro
con lo sguardo perso nel vuoto e regredendo spaventosamente. Tutti i traguardi
raggiunti buttati nel cesso.
La persona autistica ha diritto a vivere una vita felice,
piena di molte attività, secondo una cadenza costante che tranquillizza. È
importante per mia figlia sapere che, dopo colazione, va al centro diurno e nel
pomeriggio ci sono corsi di lingua straniera, di musica o semplicemente
incontri con gli amici secondo un planning, ben stampato nella sua testa, dal
lunedì alla domenica. Tutto questo ha un costo in termini di tempo e denari. Non
faccio più il medico, o almeno sono l’unico medico con un solo assistito, e gli
altri sono finiti da tempo.
Il genitore che persegue la felicità del figlio vive legato
a doppio filo con il proprio amato carceriere oscillando in uno stato di
costante contraddizione di odio e amore, perché da un lato vorrebbe vivere una
vita diversa, ma la simbiosi è talmente radicata che la separazione
rappresenterebbe la morte per entrambi. È forse questo che qualche genitore si
augura, sperando che il Padreterno lo renda possibile come ultimo, meritato
dono di una vita di totale e incondizionata dedizione. Altri lo hanno fatto
direttamente.
In Italia ci sono 600mila famiglie coinvolte nell’autismo e,
nonostante il grande numero, siamo ancora lontani anni luce da una vera
inclusione perché manca lo spirito di corpo, quello stesso che anima gruppi di
persone unite da ideali politici, religiosi, di categoria, di genere perché il
peggior nemico di un genitore con figlio autistico è un altro genitore con lo
stesso problema, che invidia i figli autistici degli altri, così come spesso
capita nelle situazioni più normali, usando la frase universale “Ma il tuo caso
non è poi così grave!”
Bisogna avere fortuna nella vita e questo è tanto più valido
per una persona autistica. Quello che sembra un miracolo, il caso lieve, l’autismo
non autismo, è il risultato dell’impegno di un genitore. Sì, talvolta il
nemico, la pesante zavorra, colui che rema contro, è dentro la stessa famiglia.
Per alcuni è più semplice lasciare che le cose vadano per il loro corso,
piuttosto che impegnarsi a rendere il bambino autistico, un adulto autonomo e
felice. Perché buttare tempo e soldi? Fortunatamente la zavorra si può lanciare
fuori dal carro per non rallentare la corsa. Perché non c’è poi così tanto
tempo e il tramonto è vicino.
Il libro è anche una vera e propria denuncia ai
millantatori, a coloro che sfruttano la disperazione dei genitori, quel loro pazzo
tentativo di “normalizzare” il figlio, per proporre terapie senza alcuna
evidenza scientifica che rubano tempo ad un’efficace opera di crescita e autonomia.
Non si guarisce dall’autismo e questo deve essere detto, sottolineato e, se
necessario, tatuato sulla pelle dei genitori che inseguono false speranze,
sprecando tempo prezioso per il loro figlio. Considero assolutamente scellerato
un comportamento di questo tipo perché nessuno deve essere lasciato indietro.
Non so se riuscirò a realizzare insieme a Gianluca il progetto
di Insettopia, che solo visioni ottuse considerano un ghetto. È sempre politically
correct etichettare qualcosa che sia a misura dell’altro, una forma di
segregazione ma la vita di una persona autistica e della sua famiglia è una
vita ai margini della società. Sfido chiunque ad affermare il contrario. La
scarsa considerazione di un problema così grande e vasto sta anche nella
facilità con la quale si può usare la parola autistico per dare dello sciocco e
contemporaneamente sentirsi offeso dall’essere pubblicamente svergognato.
È un lavoro lungo da fare sui genitori perché non si sentano
soli e prendano forza e coraggio. Ciò che si chiede non è un privilegio ma un
diritto perché l’autistico è una persona, non una malattia. Insettopia sarà realizzabile
grazie alla follia di quelle persone a cui piace giocare con le visioni, con
sguardi laterali e sventatezze ardite.
Nessun commento:
Posta un commento