Recensire il libro di Gianluca Nicoletti non è facile. La sua scrittura ti cattura sempre, sia che parli di nuove frontiere del comunicare che di come preparare un margarita a regola d’arte. E questa sua capacità affabulatoria occhieggia nel libro rendendo l’argomento autismo di più facile comprensione, rispetto al mare magnum di romanzi autobiografici che trasudano nozioni mediche e ringraziamenti a questo o quello specialista: scritture pesantissime, il più delle volte con connotati favolistici che sanno tanto di falsità.
Tommy è scientifico nel suo fracassare le palle. Evviva Dio che qualcuno ha avuto il coraggio di scriverlo lasciandolo a futura memoria! E questo non lo rende un genitore cattivo, anzi…Vivere con un figlio/a autistico è come scalare l’Everest. E’ vero che quando hai la possibilità di fermarti lungo questa ascesa infinita, puoi ammirare uno splendido panorama e sentirti superiore a tutti gli altri, ma ci sono giorni nei quali si vive sempre in debito di ossigeno, dalla mattina alla sera e si vorrebbe tanto farsi una passeggiata in pianura.
Non conosci più una vacanza, andare al teatro o al cinema o in palestra. Si vive alla giornata, ritagliandosi degli spazi la notte quando sarebbe più giusto dormire.
La vita di coppia diventa altro, quando non viene travolta e spazzata via, aggiungendo ulteriore sofferenza al bagaglio emotivo già colmo. Così una mattina ti svegli e, guardandoti allo specchio, ti accorgi di essere più vecchio
Non è il naturale degenerare del proprio aspetto, quello ineluttabile che ognuno di noi combatte come può, argina, supporta e di cui può anche farsi una ragione. Non è questo: è uno stato d’ animo, un rovello interiore che sale in superficie a segnalare il nostro irrimediabile disfacimento, come la macchia verde putrefattiva che appare nella fossa iliaca destra dopo 18 ore che siamo morti.
L’autismo è anche un problema sociale inteso come totale disinteresse della maggioranza della popolazione nei riguardi di quello che accade al di là del proprio spazio vitale, salvo poi essere pronti alla critica, ad affermare con orgoglio l’appartenenza alla comunità civile, quando qualcosa altera uno schema prestabilito, quando i comportamenti non sono secondo prassi. Lo racconta molto bene Gianluca le volte in cui Tommy stacca dal muro ogni manifesto o pezzo di carta incollato per ridurlo in piccoli pezzi, causando l’indispettirsi del cretino di turno. Ogni genitore ha nel proprio bagaglio esperienziale incontri ravvicinati con questi individui e più di una volta ha avuto l’impulso di assestare un bel calcio al sedere. Purtroppo non l’ha mai fatto.
L’autismo, in quanto malattia mentale, fa paura, forse anche più della peste, perché non esiste nessuna pillola che lo possa curare, perché è rottura di ogni schema prestabilito per crearne uno nuovo, molto più facile.
Chi vive con un soggetto autistico impara la semplicità e forse alla fine della nostra vita dovremmo ringraziare questi nostri figli che ci hanno liberati da sovrastrutture mentali totalmente inutili.
Grazie, Gianluca per aver avuto il coraggio di scrivere questo libro. La tua storia e anche la nostra, solo che noi non saremmo stati in grado di farlo con la stessa ironia. Saremmo caduti nella trappola dell’autocommiserazione o, peggio, dell’autocelebrazione a “genitore del secolo”, non apportando alcun contributo ad una nuova cultura della disabilità.
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