Ho letto questo libro a tratti, la sera prima di
addormentarmi, in macchina in attesa di mia figlia, in cucina a guardia di
pentoloni con le verdure da cuocere, e tutte le volte la magia del libro è
riuscita a catturarmi e a trascinarmi dentro la storia, in questo microcosmo,
in una terra di confine tra le Marche e la Romagna.
Evelina è la traghettatrice, la guida nelle vicende che
interessano una piccola comunità contadina che accoglie un gruppo di sfollati.
Siamo nella Seconda Guerra Mondiale, poco prima dell’arrivo degli alleati.
La Nera e la Scépa sono due fate, le amiche immaginarie
di Evelina, il filtro attraverso il quale lei riesce a guardare la realtà senza
averne paura, trovando spiegazioni possibili agli orrori di cui è spettatrice. Bastano
poche pagine e diventano compagne di viaggio del lettore stesso; la loro
presenza è sempre correlata con situazioni critiche, la Nera addirittura con la
morte incombente. Trovarle nella narrazione aiuta il lettore ad affrontare le
pagine successive in un crescendo di emozioni.
La struttura e la costruzione della storia sono i punti
di forza di questo libro. Un altro grande merito dell’autrice è quello di avere
usato il dialetto rendendolo comprensibile anche a chi non è del posto.
Le ultime pagine scorrono a ritmo serrato, si trova
difficoltà a staccarsene, le parole volano, le fate sono intorno a noi, c’è l’orrore,
il dolore, la disperazione, tutto il quotidiano viene spazzato via. Mia figlia
chiama a gran voce, l’acqua di bollitura fuoriesce dai pentoloni allagando il
piano di cottura, il telefono suona…ma la Scépa è lì, muove la mano come per
prendere qualcosa e se la porta alla bocca. Poi fugge via verso il cancello
dove c’è la Nera. Io le guardo allontanarsi, poi chiudo la porta e le seguo.
Un pensiero al giorno
La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)
sabato 9 novembre 2013
Evelina e le fate
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