È il primo libro sulla guerra che leggo. Avevo trovato
una recensione in rete accompagnata dall’elenco dei premi che ha già ricevuto:
questo è stato sufficiente per comprarlo; poi l’incipit, quelle quindici righe
fondamentali che caratterizzano l’opera, lo stile, l’anima stessa dello
scrittore. È perciò stato amore viscerale.
La storia è di quelle che non lasciano indifferenti il
lettore, certo immaginiamo quanto possa essere disumana, atroce, orribile la
guerra ma sono solo pensieri sparsi, frutto di reportage giornalistici o di
film che hanno fatto la storia del cinema.
Ricordo che dopo aver visto Platoon avevo pensato che, per esigenze di spettacolarizzazione, il
regista avesse calcato la mano. Questo librò dà un’ulteriore testimonianza,
come un coltello che affonda nella carne piagata.
I ragazzi affetti da disturbo post-traumatico da stress
sono tanti e non c’è bisogno di andare a cercare tanto lontano. Quello che
succede una volta ritornati a casa non è mai argomento di inchieste ed
approfondimenti a mano che non succeda qualcosa di eclatante. A quel punto si
accendono i riflettori e parte il grande circo mediatico che macina tutto,
lasciando pochi scarti.
Yellow birds è
un libro sulla pace perché la vittoria conquistata avviene sempre al prezzo di
barbarie inimmaginabili, atti che nessun essere umano pensa di essere in grado
di fare e che lasciano un segno indelebile, il tarlo che rode il cervello.
Quelli che tornano sono spesso morti, anche se ancora
camminano
Un pensiero al giorno
La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)
venerdì 25 ottobre 2013
Yellow birds
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