Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

domenica 12 gennaio 2014

Tonio Kroger


Tonio Kröger è il racconto di un diverso sentire che ho apprezzato parola per parola trovandoci molto della mia vita.
Sono stata una ragazzina piuttosto solitaria dal racconto di una mia compagna di classe che non vedevo da diversi anni. Mi piaceva stare in mezzo agli altri ma spesso non trovavo argomenti comuni. Mentre tutte avevano letto, o si apprestavano a farlo, “Piccole donne”, io ero attratta dal teatro. Nell’epoca del a nanna dopo Carosello, mi era consentito vedere la prosa che veniva trasmessa in presa diretta il venerdì sera. Mi affascinava e da lì il passo fu breve: lessi tutto Pirandello.
A dieci anni avevo già letto “Centomila gavette di ghiaccio” che ancora oggi rimane uno dei libri più belli sulla Seconda Guerra Mondiale. Che cosa potevo avere in comune con il resto dei miei coetanei? La gioia di vivere, che è uno stato naturale in ogni adolescente, era in me sempre adombrata dal senso di fugacità delle cose. Il chiedermi il significato dell’esistenza ha accompagnato il mio vivere fino ad oggi.
Nel romanzo manniano Tonio è diverso già nel nome che suona così poco tedesco. I suoi tratti somatici sono tipicamente meridionali, forse un po’ rozzi, rispetto alla bellezza ariana dell’amico Hans.
Tonio nasconde un segreto che è il poetare in versi e la cosa non stupisce perché spontaneo, connaturato in chi rimane meravigliato da ciò che lo circonda: lo zampillo della fontana posta sotto i rami del vecchio noce, il mar Baltico in lontananza, le diverse sfumature armoniche del violino.
Melanconica ed elegante la descrizione del padre con sempre un fiore di campo all’occhiello, frase che ritorna più volte nella narrazione. Viene da pensare che la sua diversità non sia solo frutto della bellezza e passionalità della madre, proveniente da un paese tanto giù sulla carta geografica.
Molto bello il lungo monologo con il quale Mann, per mezzo di Tonio, spiega il suo concetto di arte. L’artista non sente, è un qualcosa di extraumano, di non umano che si pone in una situazione lontana e distaccata rispetto all’umanità. Solo così è in grado di rappresentare ciò che vede, non cadendo nel patetico. Qualcosa di pesante, di goffamente serio, di non dominato, non ironico, scipito, noioso, banale uscirà dalle vostre mani.
L’artista è anche uno snob. Noi artisti non disprezziamo nessuno più profondamente del dilettante, dell’uomo vivo che all’occasione crede di poter essere, per giunta, anche un artista.
Lo stile di Mann è fatto di pennellature con l’uso mirato e preciso degli aggettivi; di descrizioni vivide dove ogni parola ha un determinato posto e perché.
Nella seconda parte il suo viaggio di ritorno a Lubecca dove era nato, il ripercorrere con occhi e sentire diversi i luoghi della fanciullezza, ripetere persino gli stessi gesti.
Vide un treno passargli davanti sbuffando con goffa precipitazione, contò per passatempo i vagoni; ed anche si sorprese a far dondolare il cancello avanti e indietro sui cardini finché cigolasse.
Lasciata la città natale si dirige verso Aalsgard dove reincontra, non visto, gli amici d’infanzia e li guarda ballare il valzer, nascosto nella veranda.  Saudade è l’emozione che pervade questa ultima parte assieme alla consapevolezza che non è mai possibile un destino diverso per ognuno di noi, perché ognuno ha la sua strada e il suo posto nella storia.

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