Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

lunedì 13 gennaio 2014

Day Hospital

L’uscita di un libro particolare che possa far parte di questo blog mi spinge a comprarlo. Subito. Anche di domenica.
La lettura di “Day Hospital” è scorrevole e rapida, in un’ora si legge tutto ma…la sospensione è doverosa. Avrei preferito che tutto ricalcasse lo stile e le emozioni della parte scritta in corsivo. Il resto è sì un diario, ma più nelle corde di uno studente di medicina o di quei tanti internauti alla ricerca in rete della soluzione ai loro disturbi.
Ho trovato inutile specificare il tipo di protocollo seguito per trattare il linfoma non Hodgkin o le varie associazioni di farmaci mentre invece arrivano dirette le frustrazioni per gli effetti collaterali, più o meno permanenti, degli antitumorali. Qui chi legge si immedesima, comprende, rivive, partecipa.
Il breve spazio dedicato ai genitori è delicato, intenso ma inserito a casaccio come se si fosse reso necessario allungare lo scritto. È un peccato perché viene ad essere persa anche la magia dell’episodio con il padre, quando l’autore trova e sperimenta un modo per comunicare con lui.
Alla chiusura del libro la prima impressione è stata di una scelta affrettata per tenere il passo con uscite editoriali particolari che da un po’ di tempo caratterizzano il mercato. Ben venga che si parli di disabilità e di malattia ma, come per ogni altro libro di narrativa, occorre che l’opera sia particolare, che racconti l’esperienza in maniera nuova, con altra ottica ed emozione. Si può essere dei grandi scrittori ma non riuscire a comunicare con la stessa originalità il proprio vissuto, soprattutto quando si tratta di malattia. È necessario che l’esperienza si sia sedimentata sul fondo e l’autore si trovi a guardarla dall’alto. Può passare un giorno, un anno o più. La visione generale consente di descriverla e di raccontarla usando tutti gli strumenti della narrazione con sguardo lucido, riuscendo a dosare le emozioni e inserendo un pizzico di ironia. D’altronde si sta scrivendo un libro e questo non è diverso da tanti altri.
 

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