Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

giovedì 5 marzo 2015

Il mio principe


Ho incontrato Gina Codovilli a Coriano (RN) grazie al monologo con il quale ho voluto raccontare il quotidiano di almeno 600mila famiglie in Italia.
Avevamo già allacciato un’amicizia virtuale tramite facebook e vedermela davanti mi ha particolarmente emozionata. Di lei mi ha colpito soprattutto il sorriso, un sorriso vero, e questa particolare luminosità del volto.
Ho avuto in dono il suo libro “Il mio principe” e l’ho letto in due giorni, inframmezzato tra le numerose altre incombenze di casa.
La prima cosa che ho pensato è stata la fortuna di essere un medico, di aver frequentato per quattro anni un laboratorio di ricerca biochimica dell’università. La mia esperienza e la mia forma mentis hanno preservato mia figlia da una serie di “birbaccioni” che sfruttano il dolore, la ricerca angosciosa e disperata di normalizzazione, per proporre terapie totalmente prive di fondamento scientifico.
Al di là dei soldi che vengono sprecati, c’è un’inutile perdita di tempo e di energie. Un impegno emotivo importante che va a scontrarsi con la dura realtà e la conseguente disillusione. Questi delinquenti travestiti da medici devono essere smascherati e messi alla gogna perché hanno disatteso, nella peggiore maniera, il giuramento di Ippocrate.
Non voglio neanche entrare nel merito delle sedute totalmente inutili di psicoterapia, che hanno avuto un grande seguito negli anni passati. Anche qui si è giocato sul desiderio inconscio materno di essere realmente la causa dell’autismo del proprio figlio e quindi di poter ritornare alla conditio sine qua non con l’analisi comportamentale.
È difficile accettare di aver generato qualcosa di “difettoso”, ma tant’è e prima si accetta questa situazione, prima si costruisce un futuro possibile per il proprio figlio. Sì, perché tutti, ma proprio tutti, hanno diritto ad una vita che sia dignitosa e felice.
Cos’è la felicità per un figlio disabile mentale? È il riconoscimento della propria esistenza, del suo essere persona con un posto preciso nella società. C’è chi eccelle nello sport, chi nella scrittura, chi nella musica, chi nelle attività manuali. Ognuno deve avere un ruolo riconosciuto. È un discorso di una semplicità disarmante che viene espresso e applicato giornalmente da ogni genitore per il proprio figlio sano
«Che farà da grande?» Ecco, questa domanda e la costante ricerca di realizzazione deve valere per tutti. Se non applichiamo questo ragionamento anche a nostro figlio con disabilità mentale, siamo noi i primi a discriminarlo.
Nella storia di Gina emergono altri due aspetti importanti: l’osservazione e la sperimentazione di nuovi mezzi riabilitativi. Il pattinaggio e l’andare in bicicletta sono state due attività che hanno avuto un effetto nettamente superiore a tante sedute di fisioterapia.
Gina non si è mai fermata ed ha avuto la fortuna di incontrare persone speciali che l’hanno sostenuta nei momenti di difficoltà.
L’esperienza scolastica di Andrea è stata importante ed è bene sottolineare che in Italia ci sono ancora insegnanti e dirigenti scolastici illuminati. Sono molto pochi, per la verità, ma forse siamo ancora in tempo per partire da lì e cominciare a cambiare le cose.
Il libro, pubblicato nel 2010 e ristampato nel 2011, è sempre attuale e merita una lettura da parte di tutte le mamme con figlio autistico perché lascia dentro al cuore un messaggio di speranza.


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