Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

domenica 19 luglio 2015

Storia del mio bambino perfetto

Una delle frasi che viene ripetuta sui social network è che la disabilità, in quanto possibile aspetto della condizione umana, non guarda in faccia a nessuno e colpisce il ricco e il povero. Certo è che il primo ha maggiori opportunità ma la sua visibilità nazionale, se non mondiale, garantisce al secondo di beneficiare dell’onda lunga delle varie battaglie mediatiche e sociali per rivendicare i diritti di cittadino, oltre che di essere umano.
Dal 2012, anno in cui è uscito il primo libro sull’autismo, diventato in breve un best seller, si può affermare che è aumentata l’attenzione al problema così come la pubblicazione di libri che trattano dell’argomento da parte di tutte le maggiori case editrici italiane.
Questo di Marina Viola è l’ennesimo, un racconto che è vero, emozionante senza essere sdolcinato. Come in pochi altri casi, viene narrato il quotidiano fatto di incertezze, malinconia, rabbia, frustrazione, angoscia, allegria, amore, serenità. È normale che sia così perché una madre è prima di tutto un essere umano che deve superare un doppio ostacolo psicologico. La nascita di un figlio disabile e il senso di colpa per averlo generato. Può essere perché quel giorno sono andata in ospedale e sono passata per la radiologia? Può essere perché quella volta mi sono così tanto arrabbiata? Queste e altre domande frullano nella testa ma un figlio disabile è un figlio, è lo stesso che abbiamo amato dal primo momento, prima di sapere tutto questo. Lui non è cambiato: siamo noi che abbiamo cambiato il nostro modo di vederlo.
Una riflessione, in apparenza scontata, ma che si scontra con una realtà - spesso familiare – in cui il figlio mantiene tutte le connotazioni patologiche diventando solo una malattia con le gambe. Andare oltre tutto questo e adoperarsi per progettare un percorso che corrisponda alle caratteristiche e predisposizioni del proprio figlio significa gratificarlo e renderlo felice. Non deve sembrare strano, né tantomeno straordinario perché non è quello che ogni genitore fa per il proprio figlio?
L’autrice affronta nel libro un aspetto importante: la vulnerabilità. È l’aspetto più spaventoso della vita delle persone autistiche in quanto, visto che non sono in grado di parlare, di scappare o di denunciare, sono alla mercé delle buone o cattive intenzioni di chi si occupa di loro. A questo aggiungerei anche l’assurdità di non essere ascoltate e capite. Nel momento in cui è attestata la loro invalidità, scompaiono agli occhi della giustizia e qualsiasi fatto increscioso che venga raccontato alla loro maniera (abusi, maltrattamenti, violenza fisica) è sottovalutato, come se la cronaca non avesse mai riportato casi di violenza domestica o scolastica.
Sarà veramente accaduto? Non sarà frutto di allucinazione? Si dà per scontato che non dicano la verità perché malati. Invece quelli che si trovano dall’altra parte della barricata, cioè i sani, sono per definizione veritieri, cristallini, al di sopra di ogni sospetto. Per loro forse non basterà appendere al collo una macina girata da un mulo e essere gettati negli abissi del mare.
Nel libro si parla di scuola, di quella scuola che io auspico possa esserci anche in Italia, ossia attenta ai bisogni reali, che progetti un percorso sensato che renda l’alunno disabile più autonomo e sicuro di sé, che abbia tanti laboratori propedeutici al possibile inserimento lavorativo, così come pensato da Maria Montessori.
Sogno una scuola che consideri l’alunno disabile e non faccia dell’inclusione solo una parola da aggiungere al vocabolario. E dopo la scuola sogno dei centri diurni che non siano un parcheggio in cui la giornata è scandita da merenda, pranzo e qualche altra cosa perché la vita di ogni essere umano non può essere ridotta a questo.
Sogno che, come è stato possibile vedere un uomo di colore diventare presidente degli Stati Uniti, sarà possibile per i nostri figli vivere una vita dignitosa, felice e appagante.
Quante belle riflessioni alla lettura di questo romanzo, come se avessi di fronte a me l’autrice e potessimo chiacchierare di tante cose sorseggiando un caffè. Ho ritrovato pensieri che sono stati i miei e la determinazione di andare avanti sempre e comunque. È un libro vero, senza le inutili mielosità delle mamme votate al sacrificio proprio perché quel figlio è un figlio. E basta.
 
 

 

 

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