Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

mercoledì 21 ottobre 2020

I quasi adatti

“I quasi adatti” di Peter Høeg non è un libro facile sia per chi lo legge e forse anche per chi lo ha scritto. La narrazione è un flusso di percezioni e ricordi che non tiene conto del tempo e che spesso costringe il lettore a tornare indietro con le pagine per riannodare fili apparentemente disordinati.

Il racconto è in parte autobiografico a partire proprio dal nome del protagonista, Peter, un bambino “quasi adatto”, per non dire disadattato, che frequenta una scuola speciale dove viene attuato un programma che dovrebbe reinserirlo nella società. Il condizionale è d’obbligo perché presto si capisce che i metodi educativi usati sono tutt’altro che leciti. Peter stringe amicizia con Katarina e August, un ragazzo autistico con un passato di violenze in famiglia.

Ciò che colpisce di tutto il romanzo è la dissertazione filosofica sul tempo che indubbiamente rende molto difficoltosa la lettura, ma che induce ad una riflessione proprio sulla neurodiversità e il rapporto con il tempo. Ci si rende conto del tempo, quando diventa un problema. E questo è tanto più valido per la persona autistica che per la neurotipica. Il tempo è un aspetto dell’esperienza umana ed è così importante per la comprensione del mondo che è difficile immaginarlo senza di esso. La nostra capacità di percepire la struttura temporale e la nostra sensibilità al tempo sono fondamentali per il funzionamento adattativo e tutti i comportamenti sono, in definitiva, sotto il controllo del tempo. La sua mancata percezione nella persona con neurodiversità è un generatore di ansia che scatena risposte che vanno da meccanismi compensatori, come le stereotipie, a reazioni violente fino all’autolesionismo. In un esperimento si è visto che quando si chiedeva a bambini di età compresa tra 10 e 24 mesi di non rispondere ad un comando per un tempo pari a 5 secondi, lo facevano adottando azioni ripetitive durante l’intervallo, tipo il dondolio del corpo, mentre nei bambini più grandi, di 4-7 anni, le manifestazioni di questo “orologio comportamentale” erano significativamente ridotte. Sembra che la dipendenza dalle azioni motorie per stimare la durata possa essere soppiantata (durante lo sviluppo) dai processi cognitivi.

È chiaro che tutto questo viene ad essere stravolto nell’autismo. In generale le persone con neurodiversità si sentono perse in un mare di tempo, e di conseguenza tentano a sviluppare routine e rituali come sistema di compensazione. Tutte le attività vengono sottoposte alla stessa sequenza ogni giorno e se si verifica un imprevisto che la altera, compaiono problemi di comportamento. Se poi l’imprevisto si inserisce in un periodo particolarmente difficile come quello che stiamo vivendo, le conseguenze possono essere devastanti. Il blocco della caldaia, che ha spostato di un giorno la doccia, ha provocato effetti catastrofici in mia figlia che ha visto sbriciolarsi uno dei capisaldi della mattina, cioè di quello spazio compreso tra la colazione e il pranzo. In preda ad uno stato di grande agitazione psico-motoria, mi ha chiesto urlando il giorno preciso nel quale tutto si sarebbe risolto e se lo è segnato sul calendario, già strapieno di appunti relativi a tutti gli appuntamenti mancati.

Sono situazioni difficili come queste che mi portano a riflettere sulle conseguenze della pandemia nei nostri figli, tutti cresciuti al prezzo di enormi sacrifici personali ed economici. Il continuo stravolgimento di routine, anche se soppiantato da nuove ritualità, ha creato dei profondi squilibri emotivi che si esprimono in rabbia, disperazione e depressione nei quali inevitabilmente anche i genitori rischiano di precipitare. Non so cosa succederà quando usciremo da questo tunnel, su quali rovine dovremo ricostruire gli splendori passati.

Il mondo è cambiato. Dobbiamo cambiare noi. Innanzitutto, non facendo più finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo la nostra vita non può, non deve, essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna (Lettere contro la guerra di Tiziano Terzani)


 

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