Un pensiero al giorno

La gente di ogni parte del mondo oggi cerca la soluzione del problema umano nel progresso scientifico, nel successo politico, professionale e nell'immediata soddisfazione dei bisogni e delle passioni. Accade perciò che, mentre ciascuno invano cerca di difendersi egoisticamente dal sacrificio e dal dolore, in realtà provoca situazioni di inaudita sofferenza a se stesso e agli altri. E' un assurdità, ma costituisce la logica comune. (Anna Maria Cànopi)

mercoledì 7 ottobre 2020

Il commesso

Come era già capitato con Kent Haruf, le prime battute del libro di Malamud mi hanno affascinato tanto da tenermi incollata, pagina dopo pagina. La bellezza della narrazione risiede nella semplicità che solo un grande scrittore riesce a mantenere, evitando di cadere nelle solite frasi ad effetto, in elucubrazioni pseudo-filosofiche volte ad aumentare il numero delle pagine, in introspezioni farraginose che alla lunga annoiano. La quotidianità non è mai banale perché nessuno di noi lo è. Descrivere la realtà, senza nulla aggiungere, è più che sufficiente per fare di una storia un grande romanzo. Nonostante “Il commesso” si svolga principalmente all’interno di una drogheria, ci sono così tante emozioni che quello spazio si espande e si illumina, sembra di stare seduti comodi a teatro a godersi lo spettacolo.

Voglio soffermarmi sull’italianità presente, sulle assonanze tra Frank Alpine e San Francesco di Assisi, a partire proprio dal nome del protagonista che ne è il diminutivo. Il commesso è in cerca di una vita migliore, di un’opportunità che lo riscatti da scelte sbagliate nel passato. La vita non è stata generosa con lui, vissuto in un orfanotrofio e poi in una famiglia dalla quale è scappato. Viene dall’Ovest, da San Francisco (ed ecco ancora un richiamo al santo), dove ha lavorato in un negozio di alimentari. La figura del poverello di Assisi ritorna in due occasioni: all’inizio, nel momento in cui Frank si presenta al lettore. Sta sfogliando una rivista e viene attratto da un’illustrazione raffigurante il frate. Il proprietario del negozio di dolciumi che lo vede così assorto, si avvicina per curiosare.

«Sembra un prete» azzardò Sam. «No, è san Francesco di Assisi. Lo si capisce dal saio marrone e da tutti quegli uccelli per aria. È quando predicava agli uccelli. Quand’ero ragazzo, un vecchio prete veniva all’orfanotrofio dove sono stato allevato e ogni volta che veniva ci leggeva una storia di san Francesco. Me le ricordo tutte quante».

E più avanti

«Era un grand’uomo. Per come la vedo io, ci vuole un certo fegato per predicare agli uccelli […] ha dato via tutto ciò che possedeva, fino all’ultimo centesimo, e tutti i vestiti che aveva indosso. Era contento di essere povero. Diceva che la povertà era una regina e l’amava come una bella donna [] Vedeva le cose in un modo nuovo».

Nella seconda occasione, Frank racconta ad Helen la storia della famiglia di neve fatta dal santo. In un periodo di crisi spirituale, San Francesco desiderò di avere una moglie e dei figli. Una notte, non riuscendo a dormire, lasciò il giaciglio e con la neve plasmò una donna e due o tre bambini.

Dopo li baciò tutti, tornò dentro e si sdraiò sulla paglia. Si sentì molto, molto meglio e si addormentò subito. Dopo aver terminato la storia, Frank ripeté ciò che aveva detto a Sam Pearl: la mia testa è piena di queste storie, non mi chiedere perché […] arrivano nei miei pensieri senza nessun motivo in particolare.

Frank cerca di seguire l’esempio del santo e rinuncia a prendere i soldi da Morris per il lavoro svolto; considera il gesto un modo per espiare la propria colpa e raggiungere la felicità con Helen. L’identificazione con San Francesco trova la migliore espressione nell’immagine di Frank al parco

Helen vide un individuo accosciato accanto a una panchina, intento a dar da mangiare ai piccioni. Per il resto, l’isolotto di cemento era deserto. Quando l’uomo si alzò, i piccioni si levarono in volo, alcuni gli si posarono sulle braccia e sulle spalle, uno gli si appollaiò sulle dita beccandogli le noccioline dal palmo aperto. Un piccione grasso gli si appollaiò sul cappello.

Frank è anche attratto da Morris Bober, un ebreo sui generis, che non frequenta la sinagoga, non mantiene kosher la cucina e non mangia cibi kosher, non porta il classico cappello nero, tiene aperto il negozio nelle feste ebraiche. Come il santo di Assisi, la spiritualità si esprime attraverso altre modalità.

Quello che mi preoccupo di fare è seguire la Legge ebraica […] Osservare la legge significa comportarsi bene, essere onesti, essere buoni. Buoni con gli altri. La vita è abbastanza difficile. Perché dovremmo fare del male a qualcuno?

Morris è il padre che Frank avrebbe voluto avere e, come il figlio prodigo, è accolto nonostante il male commesso. Il legame che lo lega all’uomo si manifesta in tutta la sua potenza alla sepoltura quando, per vedere dove andava a finire la rosa che Helen aveva gettato nella fossa, cade con i piedi sulla bara. Un’azione dettata dall’inconscio e che dà il via alla sua successiva identificazione con l’uomo buono e giusto che era stato Morris. Si sveglia alle sei per dare la pagnotta di tre centesimi alla polacca, guarda Nick Fuso, l’affittuario, rientrare furtivamente portando una busta con la spesa fatta nel negozio di fronte e serve tè con il limone a Breitbart.

Un romanzo intenso, un capolavoro di scrittura, una grande fortuna che la sua opera omnia sia stata tradotta e pubblicata da Minimum Fax. 


 

 

 

 

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