La bellezza di internet, per chi come me ha frequentato
biblioteche e consultato cataloghi alla ricerca di libri e pubblicazioni,
risiede nella possibilità di trovare, con un semplice click e stando
comodamente a casa con le pantofole ai piedi, romanzi ormai introvabili se non
in piattaforme mondiali di libri antichi e usati.
Di Gilbert Cesbron, scrittore di ispirazione cattolica,
avevo letto da ragazzina “Cani perduti senza collare”, rimanendo profondamente
colpita. Forse è proprio da lì che è partita la mia scelta di ricercare storie
particolari, controcorrenti, che sapessero descrivere bene, in pienezza, ogni
emozione senza tirarsi indietro, avendo il coraggio di dare anche parte di sé.
“E’ più tardi di quanto credi” è un romanzo pubblicato
nel 1967 e che affronta il problema dell’eutanasia; sicuramente una scelta
coraggiosa, oltre che difficile per chi deve congeniare un credo con la realtà
della vita.
Il matrimonio di Gianni e Gianna è apparentemente felice,
mancherebbe solo un figlio ma è una decisione che imporrebbe la re-iscrizione
della loro unione con Gianni in un ruolo di maggiore responsabilità.
Questo loro idillio viene ad essere minato nel profondo
dalla scoperta di Gianna di avere il cancro al seno. Comincia così una
terribile recita, con lei che si sente colpita nella sua più profonda essenza
(ricordo che nel 1967 si operava una mastectomia radicale senza ricostruzione)
e mantiene questo terribile segreto con la complicità di Gianni che è a
conoscenza di tutto e rifiuta di considerare l’eventualità di perderla.
Aggredita dal male, Gianna tenta il suicidio prima che il
cancro possa trasformarla in una larva. Viene salvata in extremis dal marito ma
comincia ad insinuarsi in lui l’idea di assecondarne la richiesta di eutanasia.
Gianni entra così in un vortice. Per la prima volta si trova a dover decidere
senza demandare ad altri e sceglie il male minore per lui o la soluzione più
giusta, dipende da che parte si voglia leggere questo finale, se con spirito
cristiano o laico. Tormentato dai sensi di colpa, cercherà un sollievo nella
giustizia umana ma sarà solo con la fede e con il soccorso ai malati terminali
che ritroverà la pace.
Bellissimo romanzo per l’audacia di raccontare un
problema che ra tabù in quegli anni. La parola cancro veniva solo sussurrata, mai detta apertamente per paura di
esserne colpiti. Si moriva, e ancora si muore, per una lunga malattia o per un
brutto male e parlare di morte dignitosa nel lontano 1967 rende questo
lavoro meritevole di una riedizione.
Nessun commento:
Posta un commento